BAND 

PUNKIDERMA

Titolo

Abbey Road

Data

1982 D.C.

Genere

ROCK PESO

I 𝗣𝘂𝗻𝗸𝗶𝗱𝗲𝗿𝗺𝗮, band originaria di Pesaro che ha esercitato una notevole influenza sugli Elephante Louder Rock addirittura 𝐚 𝐥𝐨𝐫𝐨 𝐢𝐧𝐬𝐚𝐩𝐮𝐭𝐚 (clicca QUI per leggere la loro dichiarazione al riguardo) quindi immaginiamo fino a che punto può arrivare la loro seminalità (!), stavolta rifanno (nel loro caso sarebbe sempre meglio dire: DIS-FANNO) "Abbey Road" dei Beatles!

Quando Gregor Samsa si risvegliò una mattina da sogni tormentosi si ritrovò nel suo letto trasformato in un insetto gigantesco. Giaceva sulla schiena dura come una corazza e sollevando un poco il capo poteva vedere la sua pancia convessa, color marrone, suddivisa in grosse scaglie ricurve; sulla cima la coperta, pronta a scivolar via, si reggeva appena. Le sue numerose zampe, pietosamente esili se paragonate alle sue dimensioni, gli tremolavano disperate davanti agli occhi” (Incipt de “La Metamorfosi” di Franz Kafka)

Risvegliandosi, alla stregua di Gregor, nome che (si prenda nota al fine di comprendere pienamente questo concept), significa “risvegliato dalla fede” (e che risveglio, un incubo ad occhi aperti!), come scarafaggi in un putrido nido costruito in un anfratto (quel “a hole in the road“ di cui urleranno più avanti) del porto di Liverpool dal quale, se qualcuno non troppo lontano avesse fatto girare su un giradischi questo LP- non abbiamo dubbi - si sarebbe potuto ascoltare proprio così, putrido e gracchiante .

In una parola, “musica fetida” con nessuna - ovviamente - affinità elettiva con gli altri quattro ben più famosi pseudo-scarafaggi che ne furono gli originari autori. Questa mutazione sonica viene perpetrata dai Punkiderma anche nei confronti della stessa struttura compositiva dell’opera che qui subisce una totale ‘medleyzzazione’ dell’originale (nella quale solo il lato B era realmente costruito con l’escamotage del medley) che va a legare il tutto in un concept album sul tema dell’alienazione indotta dall’ambiente famigliare.

Per un attimo non può che venirci in mente "Il fantastico viaggio del bagarozzo Mark dei Goblin del 1978 l'altro e finora unico concept incentrato sulla storia di un Pterygota ma solo per un attimo perchè qui siamo, altresì, alla negazione delle radici stesse del "progressive": siamo al "regressive"!

Per realizzare il loro intento i nostri creano una metafora meta-kafkiana giocando magistralmente sul medesimo errore che accomuna sia la traduzione del nome dei quattro baronetti in “scarafaggi” (beetle significa in realtà coleottero) che l’esatta identificazione dell’insetto in cui si trova trasformato Gregor che (come asserisce Vladimir Nabokov, scrittore ma anche eccellente entomologo) è più propriamente uno scarabeo sacro (ed in questa storia il sacro - come vedremo - è una variabile esiziale) perchè a differenza dello scarafaggio - che non ha una metamorfosi completa – questo è proprio un coleottero (che nasce innocentemente bruco per poi mutare radicalmente forma).

Quando parte “Come Together” si capisce immediatamente quanto ancora più “PESO” - come sappiamo propriamente auto-definiscono il loro sound - è il registro del dis-facimento operato dai Punkiderma proprio mentre il testo recita «One thing I can tell you is you got to be free» per chi conosce un po’ la poetica di Kafka non può che risvegliarsi nella stessa metafora nella quale si risveglia Gregor (assordato dalla sveglia della fede più cieca) ovvero quella famiglia definita dallo scrittore medesimo come un "contesto veramente animale" che soffoca la libera espressione dell'individuo con l'egoismo oppressivo di un amore "assurdo e bestiale”.

Quindi la riconciliazione (il significato letterale di ‘Come Together’ per l’appunto) qui è inevitabilmente negata in partenza ed ecco che il cantato assume un tono molto irridente fino alla psycho-irriverenza nel modo in cui viene pronunciato in un volutamente o-stentato italiano “come tu’ ghetto”. Quando nella successiva “Something” i nostri urlano a squarciagola “Something in the way she knows And all I have to do is think of her Something in the things she shows me” (“C’è qualcosa in lei e tutto ciò che devo fare è pensare a lei c'è qualcosa nelle cose che mi mostra”) cominciamo a comprendere davvero il profondo senso del dramma che attanaglia il nostro povero Gregor.

I Punkiderma difatti ci svelano come, in realtà, la sua metamorfosi sia stata indotta dall’irruzione nella sua vita - quando aveva appena compiuto tre anni - di una vera blattodea, la sedicente sorellastra (non era perciò Gregor lo scarafaggio!) che lentamente e metodicamente negli anni aveva tessuto la sua sistematica quanto malefica tela facendo sì che lui, un giorno, si risvegliasse - al tempo stesso – nelle ambivalenti sembianze del padre (del quale finalmente lei potesse vendicarsi per averla esistenzialmente repressa) ed in quelle del figlio (che andava punito dai suoi genitori per non essere stato quello che loro avevano desiderato fosse dal momento stesso che fu concepito e per questo, alfine, lui si era auto-emarginato sempre di più - “Come tu’ ghetto”) intentando una fuga vana che poi, ai loro occhi, era assurta ad ulteriore, ennesima, colpa da espiare: in fondo, come si era permesso Gregor di cercare scampo, di fuggire, di tenerli lontano? Davvero si illudeva di farla franca?

Quindi in qualità di prole degenerata aveva progettato scientemente la sua auto-redenzione assumendo gradatamente le sembianze (una sorta di reincarnazione biunivoca) dei suoi genitori per impiantare quella coazione a ripetere del complesso di Edipo, un vero e proprio stalking mistificato e dissimulato, in cui attanagliare Gregor per compiere, infine, quella duplice (biunivoca anch’essa) vendetta con il suo disperato tentativo di riscattare l’irriscattabile (ovvero l'essere anche lei stata mai effettivamente "accettata" come figlia) attraverso anche la stesura quotidiana di un plot surrettizio in grado di tramutare in una serie di specchi compassionevoli gli astanti (spesso quelli che lei soleva chiamare “street parents”) per trarre nutrimento da questa (indotta e ricercata, bramata come l'aria) compassione: evidente tratto paranoide della personalità nel vittimismo. Tentativo disperato e senza possibilità alcuna - se non nella fiction interiore - di ridisegnare un intero percorso esistenziale mediante una irriducibile, naturale, propensione alla falsificazione, alla menzogna ed alla ricostruzione fantastica a là J. R. R. Tolkien di ciò che, in realtà, era ed è inevitabilmente palese ma impossibile, per lei, accettare.

Ma soprattutto - e sostanzialmente – il suo bisogno ineludibile era elevare Gregor a capro espiatorio di tutta la sua profonda insoddisfazione per l’esistenza insulsa e grama che lei aveva condotto, per sua scelta in definitiva, avendola, infine, dovuta affidare ad un vero e proprio “wormentor” (un doppio del papà) generato inconsciamente ad hoc dai suoi stessi genitori affinché potesse darle sostegno fattivo nel portare a termine il progetto comune (sia loro che suo, di lei) di vendetta nei confronti di Gregor nel momento in cui loro fossero scomparsi. Certo Gregor non aveva alcuna responsabilità riguardo a ciò. Ma tant'è, per lei rappresentava il padre e il figlio modello (orgoglio dei suoi genitori, addirittura!) perlomeno nella sua malata consapevolezza inconscia: quindi obiettivo supremo da annichilire per la sua follia di redenzione.

La successiva “Maxell’s Silver Hammer” cita addirittura cita i primissimi Negative Existence con quel “Bang, bang, Maxell's silver hammer Came down upon his head” che, ricalcando proprio il “ti martellano il cervello” di Repressione di Massa” descrive perfettamente il ruolo basilare assolto dalla famiglia nell’ambito del processo di repressione sociale dell’individuo.

Solo una coincidenza l’assonanza tra Maxell e il nome della madre di Gregor che, se si considera la sua origine sassone, significa proprio “piccolo martello”?

E cosa possiamo pensare del nome della sedicente sorellastra che significa “Potenza di dio” e del fatto che l’arcangelo che porta il suo nome è rappresentato anche come l’Angelo della Morte: semplici coincidenze?

Lasciamo, poi, un attimo da parte – ci torneremo in sede di recensione dei maestri Sonic Barabba che gli dedicano una molto emblematica traccia – la figura del tutto equivoca (ed è chiaramente un eufemismo) di questo angelo così pernicioso per l’intera storia dell’umanità.

Ma andiamo oltre nell’analisi musico-filologica di questo immane capolavoro dei Punkiderma: si passa dal vano (e come avrebbe potuto essere diversamente: non si trattava di una storia già scritta fin nei punti, nelle virgole e finanche nei punti interrogativi?) tentativo di Gregor di riappacificazione con il proprio giustiziere (“Oh! Darling”) al desiderio di fuga in giardini sommersi ed irraggiungibili (“Octopus's Garden”) fino alla rassegnazione dinanzi alla insostenibile pesantezza (i Punkiderma sono ovviamente maestri della pesantezza sonica con i mitici amplificatori prodotti su misura per loro dalla tedesca Wattenaffankul Inc.) del destino incarnatosi nella sedicente sorellastra (“I Want You (She's So Heavy)”).

Per un attimo ecco (here comes...) l’illusione che il sole (“Sun King”!) infine possa comunque arrivare a squarciare la disperazione di Gregor “Non so quali fossero le condizioni climatiche di quel giovedì di un aprile di tanti, troppi anni fa. Mi piace però pensare che alle 8 e mezza circa del mattino il sole avesse un bel sorriso perché, d’altronde, non era poi nato uno stronzo” ma dura davvero solo un attimo, un bagliore effimero, con il solo effetto di rendere ancora più disperata la disperazione perché immediatamente ci si reimmerge in sonorità inevitabilmente psicopatologicamente malate ed oscure, nei meandri di una follia che genera odio.

Quel sorriso mi accompagnò per i miei primi tre anni nei quali rimasi chiaramente ignaro del gioco del Destino poichè il loro dio veniva metodicamente invocato ogni domenica mattina proprio perchè potesse alfine ridurmi così” urlano i Punkiderma in “Because” (ed ecco, ancora una volta, il ruolo nefasto giocato dalla sacralità) per poi nella successiva “You Never Give Me Your Money” stonare in modo straziante il ritornello “All’inizio non capii, non potevo capire di certo, ma la percezione che tutto era già finito la ebbi ben presto, vedi le foto con quel sorriso spezzato?”.

Tutto scritto, si, fin dal costringere Gregor all'esistenza, obbligandolo a nascere, ad essere bruco, ed a dover attraversare delle metamorfosi, anche ridicole - infatti “tutti ridono” (“Sun King”): finanche il vecchio cattivo che sghignazza dal suo buco nella strada per esser riuscito (anche grazie alla sua principale qualità: la tirchieria) a lasciare Gregor in balia della sedicente sorellastra e del suo sodale “wormentor” che (altra coincidenza?) era stato da lui così tanto invocato da arrivare portando alla radice del suo nome quella stessa etimologica della sua complice in questo efferato - quanto profondamente meschino - disegno trasudante la più violenta ignoranza fideistica. Tutti avevano sempre riso di lui in quella famiglia perchè egli era sempre stato alieno in quell'ambito tanto da esserne dovuto fuggire lontano. Ora ancor più ri-svegliato nella tela di una narrazione surrettizia disegnata dalla sedicente sorellastra artefattasi - strumentalmente ed inverecondamente - paladina dei genitori per il raggiungimento dell'obiettivo comune ovvero l'annichilimento di Gregor/Edipo.

I cerchi in questo concept si chiudono nota dopo nota tutti in modo plastico e l'analisi musicofilologica non può che compiacersene nell'osservarne le perfette evoluzioni.

Lei, orribile blattona, alla fine ha fatto irruzione nella illusione di libertà che Gregor aveva coltivato da anni pensando di esser riuscito nell’emanciparsi da quella famiglia, di aver di certo superato il complesso di Edipo, percorrendo quel coridoio assieme all'amico Jim già negli anni 80 (“father I want to kill you, mother I want to fuck you”) e che, altresì, si è rivelata di colpo solo “Golden Slumbers” ora che quell’irruzione lo aveva metamorfosicamente ri-svegliato in questo Stalking di Edipo, coazione a ripetere, ineludibile nuova necessaria, quanto dolorosa, (ogni volta lo è di più) affrancazione.

A volte ritornano, recitano i sottotitoli di molti film horror: questa è proprio una di quelle terribili volte.

E si giunge all’epilogo fatale “Boy, you’re gonna carry that weight, carry that weight a long time” (“ragazzo, tu porterai quel PESO, tu porti quel PESO da molto tempo”) (“Carry That Weight”), “the hate you take is equal to the hate you make” dove i Punkiderma sostituiscono la parola “love” con “hate” (“The End”: torna l'amico Jim...) e scoprire quelle ali sotto il rivestimento del dorso che infine gli permetteranno di LIBR-ARSI in volo finalmente senza più il peso di quella famiglia che ha cercato in tutti i modi correggere quel suo essere “proprio come avrei voluto che tu non fossi, Gregor” (”Her Majesty”).

Siamo alla fine di quella strada (“road” altra assonanza con il nome del vecchio tirchio che sghignazzava dal suo buco nella strada) quella che Gregor/Edipo aveva percorso per sfuggire al suo destino confidando che non avrebbe più dovuto fare ritorno, la strada di quella fuga da un porto non sicuro (che sia questo il significato dell'Abbey del titolo?) di quel conflitto vitale ad un’incrocio della quale Gregor/Edipo ha inevitabimente reincontrato Laio per ucciderlo di nuovo. Sperando che sia davvero per l'ultima volta.

Inevitabilmente, tutta la sua esistenza e finanche la sua stessa essenza era stata rimessa in gioco da capo.

Volutamente, spietatamente: come fa questo capolavoro dei Punkiderma con le nostre.

E prendendo coscienza delle ali - dopo essere sfuggito allo Stalking di Edipo - a Gregor non rimarrà che LIBR-ARSI finalmente/definitivamente libero, evitando - per sempre - sia le croci che gli incroci più duri: Erosari-azione!

Non nascere è indubbiamente la migliore formula che esista. Non è purtroppo alla portata di nessuno” scrisse Emil Cioran e i Punkiderma hanno accordato i loro strumenti proprio su ogni singolo suono di questo concetto.

Un grazie di cuore anche alla teutonica Wattenaffankul Inc. con sede in Uffenheim per il pesante lavoro che fa per rendere possibile che band come i Punkiderma possano esprimere saturamente tutta la loro pesantezza esistenziale e di conseguenza sonica.

TURN ON, CAPIT MUNDI? DROP OUT!

Elephante Louder Rock