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Come ben dovreste sapere sono in corso i preparativi del Primo Congresso Destituente del Popolo della Schiavitù.
Si tratta certamente di una performance/happening artistica ma lapalissianamente non fine a se stessa (non ho mai avuto quella concezione dell’arte) quindi con un evidente e marcato scopo di 'azione politica' (perlomeno nel solco della concezione secondo la quale «In democrazia nessun fatto di vita si sottrae alla politica»).
Il fatto stesso che questo intenda essere un momento di incontro per una creazione comune tra persone che utilizzano la Rete per fare (ognuno secondo le proprie attitudini e approcci) anche 'azione politica' costituisce a mio parere una grande occasione di unione di forze e idee. «Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo» (Mahatma Gandhi)
Il dibattito congressuale, che avrà al centro proprio il rapporto tra web e politica (modalità/linguaggi di ‘azione politica’ nel virtuale e nuovi scenari resi possibili dallo sviluppo delle interconnessioni digitali a fronte della crisi dell’istituto della democrazia rappresentativa), rappresenta un modo di affrontare il ‘Problema Italia’, facendo, certamente, un salto 'astrattivo', staccandosi per un attimo dai singoli e specifici aspetti/sfaccettature dell'unico vero problema (quello che ho, appunto, appena definito 'Problema Italia') e cercare/sognare Nuovi Orizzonti.
D’altronde, ben sappiamo tutti che siamo un paese culturalmente votato a ‘curare’ gli effetti piuttosto che individuare (per risolverle) le cause e come questo sia il problema più grave che gattopardianamente ci affligge.
Altri tipi di esperienze nate dalla Rete (vedi il recentissimo NoBDay, che, come esempio, è perfettamente calzante) non solo non hanno assolutamente preso in considerazione i 'problemi italiani' ma, conseguentemente e ancor peggio, sono stati del tutto incapaci di stimolare un dibattito davvero nuovo e propositivo e, quindi, di accendere idee (d'altronde non si può chiedere al qualunquismo di partorire qualcosa che non sia che vacua protesta o ‘ginnastica oppositiva’ che dir si voglia).
Il Congresso del Popolo, invece, si propone di essere una occasione di dare una scossa creativa all'Immaginario di un paese dormiente (da un lato e dall'altro). Correndo, consapevolmente, il rischio di sognare troppo (rischio che un vecchio e oramai seppellito slogan assimilava all’unico modo di essere realisti) nel non considerare rilevanti le soluzioni ‘diversamente possibili’ che offre il Tristo Mercato del Reale.