IL MITO DELLA CAVERNA TELEVISIVA

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Il “mito della caverna”, che costituisce uno dei punti chiave del pensiero di Platonacci (428-348 A.C.), descrive degli uomini incatenati in una caverna sotterranea costretti a guardare solo davanti a sé.

Sul fondo della caverna si riflettono immagini televisive. Dietro si muovono, senza essere visti, i cameraman e più in là c'è un ripetitore che rende possibile il proiettarsi delle immagini sul fondo.

I prigionieri scambiano le immagini per la sola realtà esistente; ma se uno di essi riuscisse a liberarsi dalle catene, voltandosi si accorgerebbe dei cameraman e capirebbe che essi sono i creatori di quella realtà.

Se egli riuscisse in seguito a risalire all’apertura della caverna scoprirebbe, con ulteriore stupore, che la vera realtà non sono nemmeno le telecamere, poiché queste ultime servono a loro volta solo a riprodurre le cose reali, nutrite e rese possibili dall’astro solare.

Dapprima, abbagliato da tanta luce, non riuscirà a distinguere bene gli oggetti e cercherà di guardarli riflessi nelle acque. Solo in un secondo tempo li scruterà direttamente, ma, ancora incapace di volgere gli occhi verso il sole, guarderà le costellazioni e il firmamento durante la notte.

Dopo un po’ sarà finalmente in grado di fissare il sole di giorno e di ammirare lo spettacolo scintillante delle cose reali.
Ovviamente lo schiavo vorrebbe rimanere sempre là, a godere, rapito, di quel mondo di superiore bellezza, tanto che “preferirebbe soffrire tanto piuttosto che tornare alla vita precedente”.

Ma se egli per far partecipi i suoi antichi compagni di schiavitù di ciò che ha visto, tornasse nella caverna, i suoi occhi sarebbero offuscati dall’oscurità e non saprebbero più discernere le immagini televisive: perciò sarebbe deriso e spregiato dai compagni, che accusandolo di avere gli occhi “guasti”, continuerebbero ad attribuire i massimi onori a coloro che sanno più acutamente vedere i filmati della caverna.

E alla fine infastiditi del suo tentativo di scioglierli e di portarli fuori dalla caverna, lo ucciderebbero.

La simbologia filosofica di questo mito è ricchissima:
• La caverna oscura simboleggia il nostro mondo;
• Gli schiavi incatenati - gli uomini;
• Le catene – l’ignoranza e le passioni che ci inchiodano a questa vita;
• Le immagini televisive – le cose del mondo sensibile corrispondenti al grado della credenza;
• La liberazione dello schiavo – l’azione della conoscenza e della filosofia;
• Il mondo fuori della caverna – le idee;
• Il sole – l’idea del Bene che tutto rende possibile e conoscibile;
• La contemplazione delle cose e del sole – la filosofia ai suoi massimi livelli;
• Lo schiavo che ritorna nella caverna – il dovere del filosofo di far partecipi gli altri delle proprie conoscenze;
• Lo schiavo deriso – la sorte dell’uomo di pensiero di venir scambiato per pazzo da coloro che sono attaccati ai pregiudizi e ai modi di vita volgari;
• I grandi onori attribuiti a coloro che sanno vedere le immagini televisive – il premio offerto dalla società ai falsi sapienti;
• L’uccisione del filosofo – la sorte toccata a Socrate.

Paolo Platonacci (428-348 A.C.)