LA SFERA PUBBLICA DEL RE E LA RISPOSTA DEGLI SCHIAVI

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L’Italia vive oggi un fenomeno molto particolare riguardo la concezione dell’opinione pubblica. L’opinione pubblica nell’epoca del Ritorno del Re, come possiamo definire il nostro tardo-belusconismo, coincide con quella del suo sovrano, come scrisse Jurgen Habermas riguardo l’opinione pubblica nel medio evo. Il suddito aderisce alla corte che si costituisce nella media-formazione, e non nell’in-formazione. Habermas ha studiato i vari stadi evolutivi della concezione dell’opinione pubblica nella storia, ma non credo fosse preparato a questo. Il Ritorno del Re non ha distrutto la dialettica, ma bensì l’ha nascosta, concedendo nel la sua corta la rappresentanza del dissenso come errore originale e magniloquenza del sovrano. Il sovrano è talmente grande che concede l’errore, da rappresentanza di coloro che sbagliano, visione del partito dell’odio, contro il quale lui schiera l’amore.


Abbiamo parlato di media-formazione ed in-formazione. La differenza del prefisso non è formale. L’ambiente della corte si fa tutt’uno nella cornice mediatica con il suo sovrano e con i sudditi, ma conservando forti differenze di status. In una struttura piramidale, i sudditi sono tenuti a stare al loro posto, approvando e vivendo della beatitudine riflessa del loro sire e del recinto della corte, composte di vacche auguste e di manzi nobili. I media sono gli operatori del recinto, a loro spetta il compito difficile di curare la regia del recinto. L’informazione deve essere abbattuta, la media-formazione praticata in ogni momento della giornata, gli argomenti dell’agenda setting sono dettati dai media-sarcedotali, per cui non c’è spazio per il pensiero altro, c’è solo spazio per la visione dell’errore, che è la rappresentazione dell’altro tout court.

Gli oppositori, non nel senso originale della parola, bensì nel senso di coloro che rappresentano l’errore, rimangono innocui ed usano linguaggi desueti ed oramai al limite della scomparsa, sempre di meno sono coloro che li comprendono. Essi però sono necessari e funzionali al sovrano, riproponendo la bontà della scelta dei sudditi, che abbracciano la vita del sovrano.  Il sovrano è virtù e scandalo, vive in un’antinomia che si annulla, in un tutto debordante che non lascia spazio ad altro, che non offre necessità e bisogni, ma soprattutto desiderio, giacché questo esiste solamente nel voler essere nel recinto.


Sebbene i media si differiscano dai cortigiani e dai membri del recinto, come la casta sacerdotale, essi sono andati oltre questo ruolo, divenendo anche loro cortigiani. Eppure conservano un’aura particolare, perché essi sono la cerchia che vive stretta intorno al presidente assoluto e che può consentire il “salto di status”. Infatti, anche la corte è piramidale e divide vacche e manzi in termini di utilità ed intrattenimento. Ma la domanda che il suddito deve porsi e si pone nel suo intimo, che è riflesso del desiderio del re, è questa: “Posso io essere nel recinto insieme al mio Signore?” La risposta non è importante, infatti più importante il continuo e profondo intento di essere nel recinto. Il suddito ha un solo scopo nella vita, essere il più vicino possibile al sovrano. Questa è la verità. Il sistema del sovrano si regge sul riconoscimento di questo modello e desiderio, e la consapevolezza del proprio limite. Ogni suddito non ha una sua volontà, ma vive nell’adorazione del re e con lui si identifica, quindi il suo unico desiderio è essere a lui utile.

Lo schiavo è diverso, anzi gli schiavi è diverso. Consci della loro natura e del loro essere comune con il Presidente, unica faccia, unico corpo, unico dubbio sicuro nella nostra esistenza. Gli schiavi bipensano, praticando le direzioni, come bussole impazzite, gli schiavi non aderiscono. GLI SCHIAVI SI VOLTANO. Non si rifiuta il recinto, perché non sono oppositori, gli schiavi non sono il nemico del Re. Gli schiavi si voltano ed espongono la schiena e le terga alla corte del re. Gli schiavi non sono Prometeo, sono come un novello Tommy, sordi e ciechi alle sirene del recinto e alla voce del Re. Il presidente è il coordinatore dell’anarchia, dell’entropia, che non è fine, ma mezzo di affermazione. Gli schiavi non sono massa, ma Moltitudine. Non usano le tv, ma la rete, formano nodi, annuiscono e negano in gesti sempre nuovi. Forti delle loro debolezze coltivano sani vizi per crescere nell’anima comune.

Gli schiavi non hanno rappresentanza, perché essa è già tradimento, non hanno un’opinione pubblica, perché non hanno opinione! Gli schiavi sono idee. Mentre i sudditi si accalcano al recinto noi schiavi giocheremo a Flipper come Tommy! Noi Siamo record!

Simone Corami
Ministro della Mediaformazione