Last Shop Standing: Whatever Happened to Record Shops?

di Paul Shiva 25 novembre 2023

Siamo negli anni 80, ovviamente non c’era ancora internet e le neonate (e meno male!) radio libere (di cui abbiamo scritto QUI) erano l’unico modo che i giovani avevano per ascoltare musica non mainstream.

La trasmissione in modulazione di frequenza comportava, altresì, un limite di ampiezza per cui quelle radio avevano ovviamente vincoli per così dire 'naturali' del loro raggio di copertura geografica, in assenza, ovviamente, di piuttosto onerosi ripetitori.

casa del disco latina

Ricordo pertanto la celebrazione di veri e propri riti magici propiziatori intentati per agganciare il segnale di qualche radio che trasmetteva musica underground da Roma sia, poi, per mantenere quel caduco contatto stabilito per mezzo della nostra gracile antennina…ci si sentiva un po’ Houston con l’Apollo 17, insomma.

E ricordo anche le imprecazioni proferite allorquando si tentava la registrazione di una canzone ed il conduttore (per ovvi motivi contrattuali) ci parlava sopra "sporcandocela" magari appena poco prima che terminasse il pezzo trasmesso…

Questo era lo scenario nel quale i negozi di dischi assurgevano allo status di veri e propri pusher di suoni in un’epoca durante la quale, come si è detto, non vi erano moltissime altri modalità per ascoltare musica, soprattutto quella cosiddetta 'alternativa'.

E considerato il prezzo di un Long Playing - che negli anni 80 era attorno alle 10/12 mila lire per quelli stampati in Italia ma si saliva anche del doppio per quelli di importazione - chiaramente era spesso vitale percorrere vie non propriamente legali, come la registrazione pirata del disco su una audiocassetta fattaci da qualche amico (e, talvolta, anche a pagamento dal negozio medesimo).

Andiamo quindi a ricordare quali erano i pusher di vinile a Latina in quegli anni.

Il primo (perchè attivo fin dagli anni 60) e più importante negozio di dischi a Latina [clicca QUI per leggere] in quel frangente temporale si può dire sia stato la Casa del Disco” di Danilo Carpanese (prima in Corso della Repubblica poi spostatosi in via Carlo Alberto).

Sotto la Galleria Pennacchi si trovava, poi, un altro storico negozio: “Manzolli” di Valentino Manzolli detto “Fabio”.

Molto importante, poi, fu “Way In” di Sante Ceccacci (ubicato in strada Privata Bortolo Terzariol) in quanto fu uno dei primissimi negozi dove si potevano trovare dischi punk/new wave di importazione (aveva un secondo punto vendita in via Roma a Terracina).

Sante nel 1984 chiuse la sede di Latina e nel 1985, assieme a Lorenzo Di Masa, rilevò il prefato negozio di Valentino Manzolli salvo poi lasciarne molto presto, dopo nemmeno un anno, la gestione completa proprio a Lorenzo il quale allora cambiò il nome in “Freak Out!”.

negozio dischi manzolli latina

Lorenzo Di Masa è oramai personaggio mitologico a Latina in quanto unico ‘spacciatore di dischi’ che ha resistito ai profondi cambiamenti del mercato discografico (intervenuti proprio con la nascita del web da Napster in poi) ed oggi, con il suo punto vendita sito in corso Matteotti (che tuttora si chiama proprio “Freak Out!” [clicca QUI per la pagina Facebook]) rappresenta l’ultimo avamposto del vinile a Latina.

In definitiva la sua storia è quella dei negozi protagonisti del documentario britannico del 2012 “Last Shop Standing: The Rise, Fall and Rebirth of the Independent Record Shop” [clicca QUI per leggere] basato sul libro "Last Shop Standing: Whatever Happened to Record Shops?" (2009) di Graham Jones.

Realtà minori da citare per completezza di trattazione furono "Music Bazar" di Lallo Battistella (che si trovava in via Cavour 68 e che durò piuttosto poco) e quelle più orientate sull’easy listening e sul mainstream come “Freedom” di Angelo Pepe e “Disco Boom” di Gianfranco Salmaso.

E’ sicuramente da ricordare anche la non molto riuscita esperienza di “Music Machine” di Giovanni Martellucci che aprì inizialmente dentro la galleria Cisa e poi si spostò in via Pisacane. “Music Machine” proponeva rigorosamente solo musica underground, scelta che, per un mercato in definitiva piccolo come quello di Latina, rappresentò un progetto piuttosto ardito segnandone una fine precoce.

In ultimo è piacevole ricordare un fenomeno particolare cui si poteva assistere nel corso di quegli anni: spesso si formavano fuori da questi negozi giri di persone (che magari appartenevano a delle scene musicali seppur limitate) e che li trasformavano in veri e propri luoghi di incontro e, quindi, aggregazione.

I giovani di quei tempi dovevano pur ovviare anche ad una ulteriore mancanza, quella tecnologica degli odierni social network.

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