Nel mese di marzo del 1985 Paul Shiva, dopo aver, per più di tre anni, impressionato sulla propria viva ‘pellicola’ diversi scatti – molti di ira [punk?] ma, a ben vedere/ascoltare, non esclusivamente – uscì una volta per tutte dalla dark room delle “Illusioni Morte” (come si è raccontato QUI) ove si era rinchiuso per, finalmente, sviluppare quel negativo in un nuovo ritrarsi. Con l’intento di scongiurare il rischio dell’elusione.
Ne uscì, pertanto, con un ineludibile nuovo ritratto tirato ad hoc per “riappropriarsi di quella dimensione (…) sostanzialmente “laica” e metodicamente critica” come aveva dichiarato nel Testamento Musicale di un Gruppo Mai Esistito - Never Existed - NEX (1982-1985) che abbiamo già pubblicato QUI e che a seguito della cui pubblicazione e lettura, i No Existence furono de jure investiti di tutti gli oneri e gli onori spettanti quali eredi unici.
Nel sopraccitato Testamento dopo i principi, per così dire, “inesistenziali”, venivano enucleati quelli più strettamente - e pragmaticamente - metodologici, ovverosia quelli propriamente da applicarsi nel processo creativo: “la concezione della musica come espressione vitale pura, come PRODOTTO SPONTANEO (…) mirante (…) alla concretizzazione (…) della soggettività che si pone oltre se stessa”. Ed operativamente si additava quale “elemento qualificante del momento liberativo della musica (…) la REITERATEZZA” quale sola chance a nostra disposizione per “la disgregazione della dimensione temporale”: per opporci alla Dittatura del Tempo!
[William Hogarth "The Bathos" (1762)]
In quel medesimo lasso temporale, sfogliando le pagine culturali de La Repubblica, Paul Shiva si imbatté in un articolo intitolato “Hanno Ammazzato il Tempo!” firmato dal filosofo Pier Aldo Rovatti (clicca QUI per leggere) che lo colpì inesorabilmente, senza possibilità alcuna di scampo. L’articolo era stato scritto dal pensatore in margine ad un convegno che si era tenuto a Venezia, intitolato giustappunto “Il Tempo Morente”, nel corso del quale prestigiosi filosofi e fisici avevano dissertato sulla questione.
Ma, oltre all’attrazione esercitata su di lui dalla tematica (che contempla anche, ovviamente, la musica ed il ‘suo’ peculiare tempo), Paul Shiva fu affascinato in maniera finanche travolgente soprattutto dal quadro di William Hogarth riprodotto sopra l’articolo e che Rovatti citava suggerendo, per una sua compiuta comprensione, di seguire le indicazioni interpretative formulate dal filosofo Massimo Cacciari. Rovatti, difatti, scrisse che nel quadro - datato 1762 ed intitolato “Bathos” o “Il Tempo Morente” - è raffigurato un “vecchio brutto e sporco che tiene una falce ormai rotta e ai cui piedi stanno abbandonati tutti i simboli della vanità (…). La sabbia della clessidra ha ormai cessato di scorrere. Sull’ultima pagina di un libro aperto si legge: exeunt omnes, tutti se ne vanno. Anche la luce del cielo sembra spegnersi. L’unica vera figura umana che ancora si intravvede è quella di un impiccato. Il vecchio macilento e alato è la raffigurazione del tempo che vola irreparabilmente, cioè senza alcuna speranza di riscatto. Il tempo che divora le cose e che finisce necessariamente per divorare se stesso. Il mitico Cronos che divora i suoi figli: ma qui è proprio il tempo a consumarsi in una specie di autorisucchio”.
[K7 demotape "The Bathos" (1986)]
Andando immediatamente a compulsare un dizionario italiano-inglese-viceversa (ovviamente cartaceo) Paul fece un’ulteriore scoperta, quella che finì per soggiogarlo definitivamente: Bathos è un termine letterario utilizzato per la prima volta dal poeta inglese Alexander Pope nel 1727 che letteralmente significa: “goffa discesa dal sublime al ridicolo” o “rappresentazione molto al di sotto dell’attesa”. Fu una folgorazione! L’incrocio con quell’articolo aveva magicamente - e nel contempo, come dire, naturalmente – deciso il titolo della creazione sonica che Paul si stava apprestando a realizzare.
Una “Goffa Discesa dal Sublime al Ridicolo” era esattamente come lui aveva sempre concepito l’arte, perché nessun raggiunto livello di perfezione (tecnico/strumentale) può in ogni caso avere la presunzione di essere esattamente come l’idea (Sublime) che ne è all’origine. Il “perché non parli?” di Michelangelo, in definitiva.
Già tempo prima Paul era arrivato a scrivere che “L’arte è la solenne concretizzazione dell’Urlo, della disperazione. Per suo tramite può prendere forma lo sgomento. Ma, allo stesso tempo, è l’eterna fonte di nuova insoddisfazione. Per quanto grande e completo sia un artista, egli è sempre un uomo: non può sfuggire alle leggi umane. La sua opera limita il suo dolore, non riesce a coglierlo nella sua completezza, nel suo assoluto. Ed il vero artista non può non constatare questa azione limitante. Questa consapevolezza origina nuovo sgomento; il circolo si chiude ancora una volta. Com’è possibile piangere perché non si riesce a piangere?”. Una problematica, evidentemente, da lui avvertita in modalità molto più amplificata a causa dei propri livelli tecnico-strumentali piuttosto basici, per usare un eufemismo e non arrivare all’autodenigrazione e al cilicio. Conferma che non tutti i mali vengono sempre per nuocere.
[Mixer auto-costruito per registrare "The Bathos"]
Quindi, dopo la partecipazione alla compilation “Saturno Sopra le Acque” che abbiamo già raccontato QUI con il brano “The New God” (concesso in anteprima per la raccolta curata dalla Inesistent Produzioni), Paul Shiva iniziò a tratteggiare il suo personale (e Ridicolo) “The Bathos” che uscì il 3 marzo 1986. Le idee (il Sublime) erano quelle sopra accennate; la tecnica – come si è detto - era basica (Goffa) così come la strumentazione finanche auto-costruita (come il Mixer che potete vedete qui sopra o la Scatola dei “Gnègnè”, purtroppo fagocitata dal Tempo) [clicca QUI per leggere].
Reiteratezza, dunque. Fino all’ossessione. "Autorisucchio". Per cercare (o reiteratamente illudersi senza eludersi, altresì!) di dare il colpo di grazia al Tempo?: “What’s the Time” (“che ore sono? Sono le 5 e 10...quale è il senso di essere vivi?...che ore sono? Sono le 5 e 10…”). Il Tempo finalmente arrestato! Per anelare alla vera libertà, come un Emil Cioran che Paul non aveva ancora letto ma con il quale era già in assoluta e naturale (aprioristica) sintonia: “Being Not Staying” (“Voglio stare con me, per vedere questo triste urlo, voglio giocare con me, con i miei sogni vuoti, voglio stare con l’aria, per essere senza stare, voglio stare con me, strano modo di morire”). Per cercare di svelare il prossimo ed ennesimo “The New God” (“Questo è il prezzo del tuo dio, è solo il nuovo dio, la frustrazione delle possibilità, questa è la morte della volontà, sacrificio dell’anima, è solo il nuovo dio”). Per amore ripetuto e ripetuto ancora di sovversione (“Pele-Mele”). Per paranoia della speranza di “New Day?” sorti da risvegli emetici (“Waking Up!”) che ci conducono fatalmente con un “Convict’s Step” verso quel Malinteso (“Misunderstanding”) di cui Baudelaire tesseva le lodi in quanto unica condizione capace di mandare avanti il mondo, tra vicoli ciechi (“Dead-End”) che proprio in quanto ciechi possono portarci Oltre (“Beyond”) e tra le onomatopee ed i grammelot di “Ailosè Lolello”, “Selama” e “B+L+S”, tasselli di un rompicapo che mai alla fine potrà essere risolto e svelato, “It’s a Puzzle!”. [clicca QUI per ascoltare tutto "The Bathos"]
[Copertina "The Bathos" (1986)]
L’iconica copertina di “The Bathos” (disegnata da lui stesso) rimanda infine a quel concetto di “ridefinizione” che Paul (ri)definì ‘pubblicamente’ solo l’anno successivo – nell’aprile 1987 – in quel documento intitolato, per l’appunto, “RIDEFINIRE” (redatto quasi al termine del percorso dei No Existence; ma è davvero possibile terminare qualcosa che non è davvero mai esistito? Dubbio escatologico...) nel quale vennero, infine, compiutamente delineati i principi metodologici per rendere “possibile l’esplosione creativa”, fu concettualizzato l’”atto creativo, in quanto individuale e specifico (…) essenzialmente critico, cioè “rivoluzionario” e pertanto (...) sfida alla staticità, attacco spiazzante nei confronti delle uniformità di pensiero, ipostatizzazione e momento di difesa per eccellenza dell’individuo” arrivando alla conclusione che “La liberazione della soggettività che rende possibile ogni capacità espressiva passa infine attraverso l’eliminazione dei condizionamenti manifesti, l’autosottoposizione ad analisi critica per cercare di limitare quelli latenti, la scelta creativa e l’uso anarchico degli strumenti”. Ecco: esattamente tutti i principi alla base della creazione di “The Bathos”.
Quattro brani di questo storico demo (“Pele-Mele”, “What's the Time”, “Being Not Staying” e “It's A Puzzle”) andranno costituire i primi quattro Atti del “Live Off” del 28.12.1987 nel quale verrà celebrato - tra l’immensa sofferenza indotta negli astanti: “la cazzata l’hanno fatta a farli venì” [clicca QUI per ascoltare] - il funerale dei No Existence [clicca invece QUI per la cerimonia funebre integrale].
Quel giorno si sarebbe “sciolto il più grande gruppo davvero MAI esistito”. Ma ne ri-parleremo presto quale “giornata (molto) particolare”! Alla luce (seppur sempre “al di sotto dell’attesa”) di quanto sopra, in definitiva, forse - anzi togliamo pure il forse! – sicuramente, nel caso di specie, la musica è stata solo un pre-testo, uno stimolo teoretico in quanto emetico, un (goffo) escamotage per una riflessione sull’arte e sulle sue supposte (soprattutto via anale, quindi, come il vero artista, quello che “si diverte da solo” - eh Charles? - ben sa) possibilità salvifiche: una pietra miliare del ridicolo? “Quel che non è leggermente difforme ha un’aria insensibile; ne consegue che l’irregolarità, l’inatteso, la sorpresa, lo stupore sono l’elemento essenziale e la caratteristica della bellezza”. (Charles Baudelaire)
AD MAI ORA
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Clicca sulle Fanzine per leggere le recensioni di “The Bathos"":
→ DOPO nr. 1 (di Alberto Fiori Carones)
→ RATTLESNAKE ARENA nr. 3 (di Gianfranco Santoro)
Clicca QUI per INTERVISTA a Paul Shiva del 1987 sulla fanzine Plastica nr. 6
Clicca QUI per il libretto interno (inlay) di "The Bathos"
4) Selama 13:17
10) B+L+S 32:53
11) Beyond 33:40
12) Dead-End 38:36
[clicca QUI se invece sei masochista e vuoi proprio ascoltare TUTTO (ma proprio TUTTO) "The Bathos"]